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Riflettere sulla condizione umana non fu certo una "scoperta" degli umanisti. Eppure rappresenta quanto di più "umanistico" si possa immaginare. Soprattutto se la consapevolezza della miseria dell'uomo, che era ovviamente un pensiero dominante nella spiritualità medioevale, si affianca ad un quesito che in parte ridimensiona l'infelicità irreparabile dell'essere umano: quali sono gli spazi di serenità, se non di felicità, possibili per l'uomo nella sua vita terrena? La risposta a questa domanda può venire da un punto di vista stoico, che trova nel pensiero cristiano l'ideale compimento, ovvero da un punto di vista epicureo e materialistico: la vita umana è una prova, un agone, in cui ogni contrasto ed ogni infelicità è irrimediabile e al tempo stesso transitoria; ovvero è un percorso casuale, in cui la ricerca di valori solidi e di benefici possibili rende più sorridente e meno travaglioso il cammino. Muovendosi tra questi estremi, a volte contrapponendoli dilemmaticamente, a volte sforzandosi di trovare un punto di contatto tra l'una e l'altra visione del mondo, Poggio Bracciolini dà voce alla riflessione umanistica sulla condizione dell'uomo nel mondo, nella natura e nella storia.